Automazione, innovazione, internazionalizzazione e sostenibilità sono i quattro grandi ‘motori’ del cambiamento del mondo del lavoro. Nei prossimi anni alcune professioni spariranno, mentre ne nasceranno altre, sempre più complesse. È questa la fotografia che ci consegna “Le professioni del domani”, lo studio promosso dal Consiglio regionale nell’ambito delle attività previste dal “Programma di Supporto Informativo agli organi consiliari 2022-23” e realizzato dal Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Industriale dell’Università degli Studi di Brescia.
“In uno scenario segnato da grandi difficoltà per il mercato del lavoro, ma anche da nuove opportunità, l’alleanza ‘scuola-lavoro’è fondamentale per mettere in campo strumenti che possano contribuire a indicare ai giovani la loro strada e rispondere alle nuove esigenze del mercato del lavoro – ha spiegato il Presidente del Consiglio regionale Federico Romani nel corso della presentazione dello studio avvenuta questo pomeriggio in Sala Gonfalone a Palazzo Pirelli.
“O si investe in formazione e orientamento o il Paese non riuscirà a restare competitivo – ha sottolineato Federico Romani-. Le parole chiave sono: merito, valutazione, scuola-lavoro, innovazione. Le istituzioni, oggi più che mai, devono avere la capacità di orientare i giovani verso il percorso più adatto per loro da prendere nella vita: per decidere cosa vogliono essere, non solo cosa vogliono fare”.
“La sfida che abbiamo di fronte è rappresentata dalla velocità con cui il mondo del lavoro sta cambiando – ha sottolineato il Presidente della Commissione Attività produttive Marcello Ventura -. Pertanto, è necessario progettare e sviluppare un sistema formativo in grado di adattarsi velocemente ai cambiamenti in corso. Il mancato collegamento tra scuola e università e il sistema produttivo è uno snodo cruciale: è urgente costruire una rete strutturata tra mondo dell’istruzione e imprese. Per fare questo dobbiamo lavorare su quattro grandi aree di politiche pubbliche: istruzione e formazione, ruolo degli istituti tecnici, distanza tra imprese e sistema scolastico universitario e interventi specifici per ogni processo di trasformazione del mondo del lavoro in corso”.
“Le professioni del domani”
Lo studio è stato suddiviso in quattro fasi. La prima si è concentrata sull’impatto dei quattro fattori chiave (automazione, innovazione, internazionalizzazione e sostenibilità) sull’occupazione e gli scenari futuri. La seconda fase ha cercato di definire le probabilità di automazione delle singole professioni, cioè il livello di rischio di sparizione. Nella terza fase sono stato somministrati due questionari: il primo alle imprese lombarde e l’altro a ricercatori in discipline ingegneristiche ed economiche delle università lombarde. Nell’ultima fase sono stati organizzati due focus group con un gruppo di imprese, ricercatori universitari e associazioni di categoria.
Lo studio ha evidenziato, innanzitutto, l’importanza delle competenze digitali e tecniche, mentre quelle trasversali (cognitive e sociali) diventeranno sempre più centrali nel mondo del lavoro di domani.
Le professioni che hanno una probabilità di automazione minore, quindi meno a rischio, sono gli ingegneri, gli architetti e gli specialisti della salute. Ciò perché esistono ancora delle capacità umane che non possono essere automatizzate: l’intelligenza creativa e l’intelligenza sociale.
Sono, invece, a forte rischi di scomparsa gli impiegati addetti alle funzioni di segreteria, gli operatori dell’industria alimentare e agricola, i conduttori di veicoli e macchinari, gli operai semi qualificati impiegati nella lavorazione in serie.
In numeri, si stima che la percentuale di lavoratori a rischio in Lombardia nelle singole professioni ad alta probabilità di automazione possa andare dal 4% all’86%. In valori assoluti il range va da 72mila unità a 1milione e settecentomila operatori a seconda del metodo di calcolo utilizzato (occupation-based oppure task-based approach). Emerge, dunque, che la maggior parte della forza lavoro lombarda, a prescindere dal metodo di calcolo utilizzato, dal genere o dall’età, affronta un rischio di sostituzione “medio”. Le persone a più altro rischio di sostituzione sono quasi unicamente uomini.
Lo studio punta sulla formazione come leva del cambiamento: se nei prossimi anni la trasformazione del mondo del lavoro sarà radicale, altrettanto dovrà esserlo il cambio di rotta del sistema di istruzione e formazione lombardo.
Il mondo del lavoro richiederà sempre più competenze non tecniche (soft skills), ovvero competenze sociali e cognitive trasversali, che devono comunque accompagnarsi alle competenze tecniche (hard skills). Il mondo della formazione dovrà, quindi, cercare di uscire dal nozionismo e formare le nuove generazioni in modo più trasversale prestando particolare attenzione alle competenze non tecniche ritenute più critiche
Come emerso dalle analisi, il sistema produttivo lombardo avrà sempre più bisogno di tecnici di qualità, forniti di una solida base di competenze non tecniche ma anche di robuste competenze tecnico scientifiche. Dovranno essere flessibili e in grado di gestire i processi produttivi seguendone l’evoluzione e promuovendone l’innovazione in particolare nelle tecnologie su cui si basa la capacità produttiva lombarda.
Infine, un focus sulla sostenibilità che sta assumendo un ruolo sempre più rilevante nel contesto lombardo. Questo asset genererà un aumento della domanda di competenze green in settori come l’energia rinnovabile, la gestione dei rifiuti, l’efficienza energetica e la progettazione sostenibile. Accanto ai governi nazionali, gli attori locali svolgeranno un ruolo centrale proprio perché le politiche green, in relazione agli effetti sull’occupazione, hanno inevitabilmente un impatto territoriale.
Il gruppo di lavoro che ha realizzato lo studio è composto dalla prof.ssa Mariasole Bannò (responsabile della ricerca), dalla dott.ssa Emilia Filippi (vice-responsabile della ricerca) e dai ricercatori, l’Ing. Marco Traversi, l’Ing. Chiara Leggerini e l’Ing. Andrea Franzoni.